MARTEDÌ 30 NOVEMBRE 2019 – PROIEZIONI IN COMUNITÀ

“Vogliamo anche le rose”. E le vogliamo ancora.

Nel pomeriggio di martedì ci siamo sedute sui divani e abbiamo ascoltato le storie raccolte da Alina Marazzi, la regista del film-documentario che abbiamo scelto di proiettare per parlare del corpo delle donne, un tema che ancora oggi, paradossalmente, rimane una questione per molte, se non tutte.

Il tema del corpo, della sessualità, della contraccezione, dell’aborto e della famiglia, ma soprattutto della scelta consapevole che ognuna di noi può, o meglio dovrebbe poter fare, è qualcosa di cui difficilmente si riesce a discutere. La complessità di questi argomenti, spinosi soprattutto in contesti dove il passato di molte delle ragazze è un passato ricco di “segni sulla pelle” e di situazioni da elaborare, ci ha spinto a cercare linguaggi alternativi per affrontare il dibattito, come la storia delle nostre nonne, madri e sorelle che negli anni 60 e 70 hanno deciso di rompere la continuità di una tradizione di abusi e violenze – legittimati perché “così era, così sarà”- con tutti i rischi, però, che le grandi rotture comportano, come quella di perdersi in un mare di libertà che anche se ti dà il pane (non sempre), le rose rischia proprio di non concederle. 

Attraverso le storie di Anita, Teresa e Valentina, le protagoniste del film, abbiamo parlato di come a quelle libertà sia necessario inevitabilmente legare la consapevolezza della scelta. Per agire non come dovremmo, ma piuttosto come vorremmo. Per amare e lasciarsi amare, senza sentirsi costrette. Per accogliere e ricercare una bellezza non stereotipata, una che non ha misure o forme da esibire né da nascondere predefinite. Per cercare il proprio margine d’azione in un mondo che non sempre lascia spazio né tempo per decidere autonomamente. Ci sentiamo esposte, “dobbiamo farlo”, ma dobbiamo anche farci coraggio, ingoiare il dolore e la paura e sorridere, essere pronte, perché se anche ci siamo liberate dal delitto d’onore, oggi, spesso rimaniamo ancora strette nei vincoli di una performatività richiesta senza sosta, pressante e fin troppe volte abusante. Per tali motivi, nonostante la difficoltà di guardare a storie, apparentemente così lontane, finita la proiezione abbiamo provato a creare un luogo di discussione collettiva, per confrontarci e capire se e in che modo da quei diari potevamo trovare strumenti utili per vivere il presente. Abbiamo condiviso i nostri pensieri e ci siamo confrontate rispetto al tema dell’aborto e dell’abbandono, della genitorialità e della contraccezione, di una sessualità libera ma responsabile. Dell’amore non imposto ma reale.

COME È NATA L’IDEA?

Da un incontro. 

Sono una dei ragazzi del Servizio Civile e come progetto interno all’Associazione Cante di Montevecchio ci è stata data la possibilità di contribuire alla vita delle comunità, in maniera attiva, spendendo alcune ore alla settimana del nostro Servizio facendo doposcuola con i ragazzi. Nel mio caso ho avuto la fortuna di conoscere una delle ospiti e di stringere insieme un legame significativo (che poi è il vero obiettivo del progetto di doposcuola) che andasse al di là della routine comunitaria e al di là degli obblighi scolastici, comunque da portare avanti. Attraverso la storia, la geografia, la matematica – questo rimane comunque un tasto dolente, per me, non per lei – le lingue, ci siamo incontrate. Leggendo del colonialismo e della rivoluzione statunitense abbiamo parlato del perché nella costituzione degli USA continua a essere presente il diritto alla felicità e di come ancora oggi sia importante rivendicare quella “libertà da”, studiando la tratta degli schiavi, abbiamo parlato del perché sia importante scegliere oggi, di non essere solo merce che cammina, ma soggetti in grado di attraversare i confini e prendere parte alla vita del proprio Paese. Guardando all’illuminismo e alla rivoluzione francese abbiamo parlato di come quella ragione che rischiara sia fondamentale per percorrere le strade tortuose che ci aspettano senza smettere di sperare, o meglio di sognare. Abbiamo parlato di cosa vuol dire oggi terzo stato, dei margini e delle periferie e di come non siano le persone a essere vittime o carnefici della complessità dei nostri contesti di provenienza. Ma, soprattutto, abbiamo parlato di come sia necessario non sentirsi soli, di come strutture come questa garantiscono, seppur nella sofferenza dello sradicamento, tempi di elaborazione e formazione differenti, necessari per “tornare a casa” più forti e consapevoli, necessari per riprendere in mano le proprie passioni e aspirazioni, necessari per fare spazio a sé stessi oltre che agli altri. E proprio in questa voglia di raccontare e raccontarsi, di imparare e di sperimentare, abbiamo parlato del corpo delle donne, e di come ci sarebbe piaciuto approfondire la questione insieme. Insieme anche alle altre ragazze, per condividere e trovare un luogo differente nel quale problematizzare il tema della bellezza, della scelta e della sessualità. Un luogo che, seppur interno all’istituzione, rimanesse svincolato dalla routine giornaliera e libero dalla responsabilità di determinati ruoli, un luogo nel quale sentirsi a proprio agio e ascoltare sé stessi e gli altri. 

VOGLIAMO ANCHE LE ROSE

SINOSSI: Anita, Teresa e Valentina non si sono mai incontrate. Hanno vissuto nell’Italia degli anni sessanta e settanta, in età diverse e in città lontane. Ma le loro storie vere, riportate in diari privati, sono in un’ideale continuità, testimonianza di lotte famigliari e politiche, personali e collettive, per affermare autonomia, identità e diritti in un Paese patriarcale

ALINA MARAZZI, 1964, vive e lavora a Milano.

Regista di documentari, è stata aiuto regista in lungometraggi per il cinema e ha collaborato a progetti di arte e video arte. Con il film Un’ora sola ti vorrei ha vinto numerosi premi internazionali, tra i quali il premio per il miglior documentario al Festival di Torino 2002 e al Newport International Film festival (2003), e la menzione speciale della giuria al Festival di Locarno 2002 e al Festival dei Popoli di Firenze 2002.

Tratto da: http://www.vogliamoanchelerose.it/

di Anna Maurizi